Labili tracce odonomastiche: le sorelle Altara
di Antonella Sorrentino e Teresa Spano
Negli anni a cavallo tra '800 e '900, a Sassari, nella famiglia dell’oculista Eugenio Altara e di Gavina Campus, nascono e crescono le quattro sorelle Aurora, Lavinia, Edina e Iride, che, come tutti i bambini dell’epoca, occupavano il tempo libero a giocare con forbici, colla e carta colorata. Tutte ebbero la preparazione scolastica tradizionale, ma soprattutto le ultime tre sorelle, da autodidatte, espressero presto le loro capacità artistiche. Pare l’inizio di una favola di un tempo non troppo lontano e un po’ lo è davvero.
Lavinia, Edina e Iride, infatti, divennero artiste prolifiche, eclettiche e talentuose, rivelando un gusto raffinato e un ricercato senso estetico: espressione indiscutibile della loro singolare inclinazione artistica - purtroppo non riconosciuta - come indizio di fecondo ingegno e per questo lasciata ai margini della storia dell’arte del novecento.
Edina, la penultima della famiglia, nasce a Sassari nel 1898 ed è la prima a esprimere il suo talento, tanto da esporre per la prima volta i suoi collages in carta, tela e filo nel 1916 alla Mostra della Mobilitazione Civile a Sassari. A novembre dello stesso anno espone a Milano alla mostra del giocattolo e le sue creazioni di cartone ottengono la medaglia d’argento. Le sue opere continuano a riscuotere consenso di pubblico e critica tanto che nel 1917 il suo collage Nella terra degli intrepidi sardi viene acquistato dal re Vittorio Emanuele III ed attualmente è proprietà del Quirinale.
Nel 1922 Edina, sposa Vittorio Acornero (conosciuto col nome d’arte Max Ninon), lascia la famiglia d’origine e si trasferisce a Milano. Si dedica, in seguito, alla ceramica e alla decorazione. Nonostante l’attenzione riservata ai suoi lavori, la carriera di Edina si svolse in sordina esprimendosi, soprattutto, in proficue collaborazioni, prima col marito, come illustratrice di riviste di moda e libri per ragazzi, e in seguito con Gio Ponti in progetti d’arredo e design. Alla fine degli anni Quaranta, proprio l’incontro con Ponti contribuì ad avvicinare Edina alla pittura, rivelandone la notevole capacità espressiva e l’abile uso del colore: sensibilità e dolcezza, aspetti peculiari del suo carattere, mostrati attraverso un tratto leggero e vivace ma, nel contempo, maturo e sicuro, conferiscono alle sue opere una inaspettata modernità.
Negli anni 40, periodo bellico in cui i materiali e le disponibilità scarseggiano, Edina coinvolge le sorelle nella realizzazione di mattonelle e piatti smaltati di bianco. Questa produzione viene commercializzata in Sardegna attraverso la Bottega dell’Artigianato di Sassari, la cui proprietaria Maria Serra, amica delle Altara e particolarmente di Iride, è in stretto rapporto con Eugenio Tavolara, scultore e designer.
Negli anni 50 anche Lavinia, nata nel 1896, approda all’arte, affascinata dall’estro creativo della sorella Edina. Lavinia si era trasferita a Cagliari dal 1918, sposa del dermatologo Saverio Granata, ma durante un soggiorno a Milano, ospite di Edina, realizza piccole sculture in terra cruda riunite in vivaci composizioni che riprendono temi mitologici e religiosi, riletti con un tocco di sottile umorismo. Lavinia continua la sua espressione artistica con collage e dipinti naif, in cui la Sassari della sua infanzia con i suoi riti e le sue tradizioni è riprodotta in modo semplice, ma con un’attenta cura per i particolari. Nelle sue opere ritroviamo il salotto di casa Altara, il loro giardino, le prime teatrali (nel collage L’Aida è riconoscibilissimo, per i suoi fregi, il Teatro Civico della città di Sassari), i bagni al mare di Porto Torres.
L’esordio artistico di Iride, la minore delle sorelle nata nel 1899, avviene a metà degli anni Cinquanta rivelando un gusto bizzarro e fantasioso: scatole di pergamena, decorate con putti, nastri e broccati e altri stravaganti oggetti, surreali assemblaggi di insoliti materiali svelano, infatti, l’istintiva singolarità dell’artista.
Modernità e tradizione, dunque, si fondono in un connubio perfettamente espresso, diventando, per noi, un tangibile modello da seguire, al di là dei limiti imposti da una cultura ancora fortemente maschilista. Iride è l’unica delle sorelle a non aver abbandonato la città di Sassari ed è qui che nel 1956 la troviamo, assieme a Lavinia, tra gli espositori della Mostra dell’Artigianato organizzata da Eugenio Tavolara.
Nel 1974, Edina lascia Milano e si trasferisce a Sassari a casa della sorella Iride. L’anno successivo muore Lavinia e nel 1981 ci lascia anche Iride. Edina trascorre gli ultimi due anni a Sassari dapprima presso la figlia di Iride, poi in vare case di cura e abbandona questa terra nel 1983.
La toponomastica ha dimenticato questa storia d’altri tempi: la loro città natale, Sassari, ricorda soltanto Edina con una via periferica che contiene un giardino incolto e due condomini. Due semplici targhe, affisse l’una su una cabina dell’Enel e l’altra nascosta tra i rampicanti, a mezzo metro dal marciapiede, dicono semplicemente Edina Altara, pittrice. Per ricordare la storia della preziosa vena artistica delle tre sorelle e promuovere sull’isola lo spirito imprenditoriale delle sue donne attraverso l’esempio di modelli di talento, è davvero troppo poco.
Era una mia zia, di lei ho conosciuto solo la leggenda e i tratti del suo viso in una vecchia fotografia sfocata. Come sei bella zia Edina
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