domenica 17 gennaio 2010

Transatlantici (5/5): Andrea Doria

Foto Nave (Andrea Doria) “Con l’Andrea Doria è affondata una parte della mia vita”. Con questa frase alla fine di luglio, nel 1956, Edina Altara commentò piangendo l’ultimo viaggio del più bel transatlantico della storia. Il viaggio in fondo all’oceano Atlantico. Su quella nave, infatti, c’era una delle opere d’arte più importanti della carriera artistica di Edina. Il grande specchio dipinto con soggetti mitologici per il bar della prima classe.
Il 7 febbraio 2008 ho scritto per La Nuova Sardegna un articolo dedicato allo specchio dipinto da Edina per l’Andrea Doria. In due fotografie dell’inizio degli Anni 50 in cui Edina è ritratta nel suo studio, si vede uno dei vetri dipinti per il bar di prima classe del transatlantico. In particolare, si tratta della parte centrale del grande dipinto, in cui si vedono Bacco e Arianna.

Edina Altara nello studio a Milano

Cliccando qui è possibile vedere tutte le immagini disponibili sull’opera di Edina Altara per l’Andrea Doria. Compresa la foto di una modella, ritratta in casa di Edina nel 1955, dove si intravede uno dei vetri. Non si sa come mai nel 1955, a tre anni dal viaggio inaugurale della nave, uno dei dipinti di Edina si trovasse ancora a Milano, nella sua casa-studio. Non è escluso che Edina avesse realizzato una seconda copia del dipinto, da tenere per sé.

Questo è il testo dell’articolo che ho scritto per la Nuova, intitolato: “L’arte di Edina Altara e il dipinto custodito nell’abisso del mare”. Cliccare qui per vedere direttamente la pagina del giornale.

Una fotografia in bianco e nero, una pittrice nel suo studio a Milano. Primi Anni 50. Sorride sulla sua ultima creatura, un dipinto su specchio: Bacco e Arianna. Intorno alla pittrice, un burattino di cartone e statuine di palma nana intrecciata. In basso, sotto il cavalletto, la sua collezione di libri d'arte. Edina Altara, pittrice e illustratrice sassarese scomparsa nel 1983, aveva 55 anni, in quella foto. Di quello specchio dipinto si era persa ogni traccia. Il suo destino, fino a pochi giorni fa, era avvolto nel mistero. Un'altra fotografia in bianco e nero, pubblicata alla fine del 2007 su un libro dedicato a Gio Ponti, ha risolto finalmente l'enigma. Il dipinto faceva parte dell'arredamento del Gran bar di prima classe dell'Andrea Doria. Lo specchio di Bacco e Arianna è finito nel regno di Nettuno. L'opera di Edina Altara, assieme ad altri tre suoi pannelli, è adagiata sul fondo dell'oceano, nella pancia del transatlantico più bello della storia, affondato il 25 luglio 1956. La collaborazione tra la pittrice sassarese e Gio Ponti iniziò dieci anni prima rispetto a quel tragico episodio. Gli specchi dipinti da Edina ornavano i mobili disegnati dall'architetto milanese, ma anche le porte delle case che arredava, e gli ambienti dei grandi transatlantici del dopoguerra. Ponti non dava indicazioni sui soggetti da dipingere: «Guai a darle un tema: si spegne tutto». E lei, ripescando nella memoria e documentandosi sui libri per ragazzi, raccontava gli episodi mitologici studiati a scuola, dipingendo sugli specchi e sui cristalli. In quel periodo, tra Ponti e la Altara nacque una profonda amicizia, che proseguì fino agli ultimi anni delle loro vite. L'architetto genovese Paolo Piccione, lo scorso novembre, ha pubblicato, per la Idea Books, il volume: «Gio Ponti Le Navi - Il progetto degli interni navali 1948-1953». Nelle pagine di questo libro, che racconta la storia di sei transatlantici attraverso i disegni e gli arredi dell'architetto milanese, compaiono le foto di decine di opere di Edina Altara. Diverse nature morte sul Conte Grande, una galleria  di donne in costume tradizionale sul Conte Biancamano, e miti e leggende sulle motonavi Africa e Oceania. Sull'Andrea Doria, Edina raccontò delle nozze tra Bacco e Arianna, ma fino a pochi mesi fa, di quelle opere non si sapeva nulla. La fotografia in bianco e nero, recuperata dall'archivio di famiglia, in cui si vede lo studio milanese della pittrice, era stata pubblicata nel 2005 sulla monografia «Edina Altara», scritta da Giuliana Altea per la Ilisso. Molti lavori della Altara fanno parte di collezioni private, o sono dimenticati nei depositi di musei che non sanno neppure di possederli. Sembrava che il destino avesse riservato per Bacco e Arianna una sorte analoga. Ma la vita di quel dipinto durò appena tre anni. Dal gennaio 1953, quando ci fu il viaggio inaugurale dell'Andrea Doria, transatlantico "ambasciatore"  nel mondo del design e dell'arte italiana, fino all'estate del 1956 e alla notte nebbiosa in cui avvenne l'impatto con la Stockholm, davanti alle coste statunitensi. Nel 1952, pochi mesi prima rispetto ai lavori per l'Andrea Doria, Gio Ponti scrisse di Edina sulla rivista Domus: «Noi attendiamo da lei una esposizione di piccoli specchi dipinti a frammenti di storie; attendiamo una incantevole mostra di questa "cantastorie col pennello", un canzoniere dipinto, parole e pittura, da riguardare tante volte, come si ascolta tante volte il disco d'una canzone: parole e musica».

Federico Spano

Nella stessa pagina della Nuova, Giuliana Altea ha scritto un articolo sul rapporto tra Gio Ponti ed Edina Altara, intitolato: “Con il designer milanese una lunga collaborazione”.

Protagonista dell'architettura e del design dagli anni Venti agli anni Settanta, instancabile animatore e propagandista del genio e dell'inventiva italiani dalle pagine della sua rivista Domus, Gio Ponti è nel nostro paese la figura che con maggiore costanza ha difeso le ragioni della decorazione, anche in tempi in cui si celebravano la nudità del muro bianco e dei mobili in metallo. Innamorato dell'artigianato, ha promosso e incoraggiato ceramisti, orafi, artisti del legno e del ferro, ornatisti fantasiosi come Fornasetti, chiamandoli a collaborare con sé, coinvolgendoli nell'arredamento e negli allestimenti degli edifici e delle navi che progettava. In questo quadro di interessi si inserisce il rapporto che lo legò a Edina Altara, un rapporto ancora da approfondire, ma che certamente li vide vicini per circa un decennio. Negli anni Quaranta, quando l'Italia stremata dalla guerra si risollevava coraggiosamente con uno sforzo produttivo che avrebbe gettato le basi del nuovo design nazionale, Altara, da tempo stabilitasi a Milano, spaziava in vari campi della decorazione: dall'illustrazione - la sua attività primaria - alla moda, dalla ceramica all'arredo. L'incontro con Ponti potrebbe essere avvenuto nel 1942, quando Edina comincia a collaborare come illustratrice alla rivista Bellezza, in quel momento diretta dall'architetto; o forse prima ancora, alla Triennale di Milano del 1936, cui aveva partecipato con dei disegni su stoffe. Per lui esegue specchi dipinti che vanno a ornare mobili, porte, pareti di case e di transatlantici. I più belli non sono i lavori realizzati su commissione, e Ponti lo sapeva: "guai a darle noi un tema: si spegne tutto", osservava su Domus in un articolo in cui rendeva omaggio al suo talento. Le strettoie del tema obbligato influenzano i pannelli con nature morte realizzati nel 1949 per il Conte Grande (immagini dal colore un po' arido e monotono, il cui soggetto evidentemente non la ispirava, e che si vedono ora al MAN) o quelli con figure in costume sardo dipinti l'anno dopo per il Conte Biancamano. La bravura di Edina rifulge invece al meglio nei soggetti mitologici e fantastici, dipinti sulla spinta di divagazioni improvvise e di una fantasia poetica e bizzarra. Qui l'artista riversa la sua immaginazione capricciosa e alata, teneramente ironica, sbizzarrendosi a trovare simbologie dal sapore infantile e malizioso. La sua vicinanza a Ponti si fa più stretta verso il 1946, quando pubblica su Stile - un'altra delle riviste pontiane - un articolo che riassume la sua visione emozionale e soggettiva dell'arredo, e che il direttore intitola Mi batte il cuore. Negli anni Quaranta Ponti la ritrae più volte in varie tecniche, disegno, pittura, dipinti su vetro; nell'inviarle un ritaglio giornalistico che riproduce uno di questi ritratti, lo accompagna con la dedica "alla donna più bella del mondo" (Edina, all'epoca non più una ragazzina, era in effetti ancora piena di fascino). In una foto di gruppo dei primi anni Cinquanta, le sta alle spalle, vigile e protettivo, accanto a Piero Fornasetti con la moglie in una posa analoga. Ancora nel 1973, le scriverà in una lettera "tu sei indimenticabile, ed io devo molto a te". D'altro canto, le lettere di Ponti sono le sole che Edina abbia conservato, e forse non solo perché ono lettere-disegni, bellissime, come quelle che l'architetto usava spedire agli amici più cari. Non è però necessario pensare obbligatoriamente a qualcosa di più romantico di una collaborazione. Edina Altara, "gran donna di valore" (per usare le parole dell'architetto), e alle cui qualità di grazia e intelligenza era difficile rimanere insensibili, incarnava agli occhi di Ponti un valore che toccava in lui corde più profonde di quelle semplicemente estetiche: le virtù - femminili per eccellenza - della decorazione, questa `pelle' seducente che riveste gli oggetti, che si sovrappone alla forma ma non per occultarne la purezza, come volevano i razionalisti più ortodossi, bensì per iscrivere su di essa le tracce della cultura e del sentire umano.

Giuliana Altea

Sempre sulla Nuova, ho pubblicato una breve scheda sull’Andrea Doria e sul naufragio.

L’Andrea Doria fu varata il 16 giugno 1951 e partì per il viaggio inaugurale alla volta di New York il 14 gennaio 1953, dopo un battage pubblicitario imponente. Il 25 luglio 1956, la nave, comandata dal capitano Piero Calamai, viaggiava in direzione di New York, proveniente da Genova. Contemporaneamente, la Stockholm, un transatlantico svedese per il trasporto di merci e passeggeri, si dirigeva verso Goteborg. Alle 23.10 i due giganti del mare stavano per incrociare un corridoio navale molto trafficato. Nascoste dalla nebbia, le navi si avvicinavano, guidate solo dal radar, e interpretarono male i rispettivi comportamenti. Non ci fu alcun contatto radio, e una volta ottenuto il contatto visivo era troppo tardi per evitare l'impatto. La prua rinforzata della Stockholm sfondò la fiancata dell'Andrea Doria e la squarciò per quasi tutta la sua lunghezza, entrando per tre piani di cabine e uccidendo 46 dei 1706 passeggeri. Subito dopo la collisione l'Andrea Doria iniziò a imbarcare acqua. Dopo dieci ore di agonia, affondò davanti alle coste statunitensi. Grazie alle condizioni ambientali relativamente semplici del luogo del naufragio, con il relitto a soli 75 metri di profondità, la Andrea Doria è un frequente obiettivo di subacquei in cerca di tesori. Il giorno dopo l'affondamento della Andrea Doria i subacquei Peter Gimbel e Joseph Fox riuscirono a localizzare il relitto e pubblicarono delle foto sul Time. Gimbel in seguito condusse un gran numero di immersioni, inclusa una destinata a recuperare la cassaforte della prima classe, nel 1981. L'apertura della cassaforte, avvenuta in diretta televisiva nel 1984, permise il recupero solo di alcuni certificati d'argento americani e banconote italiane dell'epoca. La campana della nave fu riportata in superficie alla fine degli Anni 80, e la statua dell'Ammiraglio Doria fu recuperata dal salone di prima classe. Il recupero di oggetti sulla Andrea Doria ha anche provocato la morte di diversi sub: forti correnti e depositi di fango possono ridurre la visibilità a zero. Il destino dei dipinti di Edina Altara è legato a quello dell'Andrea Doria, sul fondo dell'Atlantico.

Alcuni video dedicati al transatlantico Andrea Doria.

giovedì 14 gennaio 2010

Transatlantici (4/5): Motonave Africa

Foto Africa

La Motonave Africa entrò in servizio pochi mesi dopo l’Oceania, il 25 febbraio 1952. Per questa nave Gio Ponti disegna la sala da pranzo di prima classe. La parte centrale della parete di prora, verso la cucina, è rivestita da un grande specchio dipinto da Edina Altara. La pittrice sarda dipinge anche lo specchio rettangolare sull’opposta parete di prora e altri quattro disposti sui lati trasversali. A differenza del Conte Grande, del Conte Biancamano e della Motonave Oceania, prima della demolizione dell’Africa nessuno si sarebbe preoccupato di recuperare e salvare gli arredi e le opere d’arte presenti nella nave. Come nel caso dell’Andrea Doria, non si sarebbe salvata nessuna delle opere che Edina realizzò per questa nave.
Dalle informazioni riportate nel volume dell’architetto Paolo Piccione dedicato agli arredi navali realizzati da Gio Ponti, la Motonave Africa fu posta in disarmo nel porto di Trieste il 1° febbraio 1976. Il 24 settembre dello stesso anno fu ribattezzata Protea. Dopo 4 anni di abbandono fu venduta per la demolizione. Il 25 marzo del 1980 la nave lasciò Trieste diretta a Kaohsiung (Taiwan), uno dei più grandi centri di demolizioni del mondo.

Cliccare qui per vedere le foto, dell’Archivio Piccione, degli interni della sala da pranzo di prima classe della Motonave Africa, in cui si vedono moltissimi specchi dipinti da Edina Altara.

Che fine hanno fatto le opere di Edina Altara per la Motonave Africa?
L’unica speranza è che i demolitori di Taiwan abbiano salvato gli arredi e le opere d’arte della nave prima di distruggere tutto per recuperare l’acciaio. A Kaohsiung esistono musei dedicati all’attività dei demolitori, segno, questo, di una grande sensibilità e di cultura. La speranza che qualcuno possa avere recuperato e salvato i dipinti di Edina per l’Africa, quindi, non è del tutto campata in aria. Il problema è riuscire a mettersi in contatto con qualcuno a Taiwan. Chiunque abbia la possibilità, magari attraverso il consolato italiano, di avere informazioni sugli ultimi giorni della Motonave Africa, potrebbe dare un grosso contributo alle ricerche su Edina Altara.

mercoledì 13 gennaio 2010

Transatlantici (3/5): Motonave Oceania


Foto Oceania

Dell’esistenza dei lavori di Edina Altara per le motonavi Oceania e Africa, dopo il disarmo delle navi, nel 1977 e nel 1980, non si è saputo più nulla sino alla fine del 2007. Nel novembre di quell’anno, infatti, la Idea Books ha pubblicato il volume dell’architetto Paolo Piccione sui progetti degli interni navali di Gio Ponti. Per la sala da pranzo di prima classe della Oceania, Edina ha realizzato tre splendidi specchi dipinti. Nel febbraio del 2009 sono riuscito a individuare e a fotografare due di questi pannelli in un deposito del ministero dei Beni culturali. Nel luglio dello stesso anno, sul secondo numero di “Forme Moderne – Rivista di storia delle arti applicate e del design italiano del XX e XXI secolo”, diretta da Irene de Guttry, Maria Paola Maino e Alessio de Cristofaro, la critica d’arte e docente di storia dell’arte contemporanea Giuliana Altea (autrice della monografia su Edina Altara pubblicata dalla Ilisso), ha scritto un articolo su questo ritrovamento: “Edina Altara – Riflessioni sull’artista in occasione del ritrovamento dei due grandi pannelli decorativi del 1951: Gio Ponti, la decorazione e la pittrice cantastorie”.

Cliccando qui è possibile vedere le foto dei pannelli che ho scattato nel deposito del ministero dei Beni culturali, oltre alle foto della sala da pranzo della Motonave Oceania.

Edina Altara, Motonave Oceania, dettaglio pannello Sala da Pranzo

Riportiamo qui una parte dell’articolo di Giuliana Altea, che dà l’idea dell’importanza della scoperta.

Più volte le pitture su vetro di Edina vanno a ornare mobili e ambienti disegnati da Ponti, rivestendole come una pelle colorata e seducente. I due grandi specchi pubblicati sulla rivista Forme Moderne restituiscono uno degli esempi più brillanti di questa collaborazione. Realizzati nel 1951 per la sala da pranzo di prima classe della motonave Oceania — una delle molte commissioni pontiane di arredo per transatlantici —, erano noti finora solo dalle fotografie pubblicate nel 2007 sul libro di Paolo Piccione. Sui due pannelli, un tempo appesi, insieme a un terzo, sulla parete di poppa della sala, si nota un lungo fregio mitologico: nel primo, un genio dai piedi in fiamme (allegoria della navigazione a motore) abbraccia la Terra col suo corteo di animali e di piante; nell’altro, Nettuno, circondato di Nereidi e Tritoni, si accampa trionfante su un mare popolato di navi. A differenza degli specchi eseguiti nel 1949 per il Conte Grande e il Conte Biancamano, dipinti con stesure più mosse e pittoriche, ma di tono un po’ opaco e dimesso e poco avventurosi nelle iconografie (nature morte e costumi popolari italiani), in questi trovano libero sfogo l’humour e la fantasia poetica propri dell’Altara migliore. La «freschezza ed elementarità rare e sorprendenti» del racconto sono messe in valore dall’ironia garbata della stilizzazione, dai semplici ritmi compositivi e dalla trasparenza acquea dello specchio, che dà al colore una luminosità inaspettata. Se nel Conte Grande e nel Biancamano si intuiva la presenza di soggetti e soluzioni imposti, qui l’artista ha lavorato evidentemente senza copione, a tutto vantaggio del risultato. Il salto di qualità non era sfuggito a Ponti: «si lasci fare a essa, guai a darle noi un tema: si spegne tutto», osservava nell’articolo dedicato a Edina pubblicato su Domus nel 1952. Di fatto, dal 1950 in poi, l’architetto lascia fare a lei. Le porte di casa Lucano a Milano (da cui l’articolo traeva spunto), alcuni mobili, il pannello per l’Andrea Doria (1951) e gli altri appena successivi per l’Africa (1952) — tutti lavori in specchio dipinto — condividono lo stile immaginoso e teneramente ironico dei lavori per l’Oceania, che si impone come cifra caratteristica dell’artista negli anni della collaborazione con Ponti.

Dove sono le opere di Edina Altara realizzate per la Motonave Oceania?
Fortunatamente si sono salvati due dei tre pannelli realizzati nel 1951 per la motonave Oceania. Sono stati recuperati dal ministero per i Beni culturali nel momento in cui la nave fu posta in disarmo, nel luglio del 1976, a Vezzano nel golfo di La Spezia (la nave fu poi demolita il 23 giugno del 1977). Fino al febbraio del 2009, però, il ministero non sapeva di queste opere, che erano state attribuite erroneamente al ceramista Zortea. Grazie alla dritta dell’architetto Paolo Piccione, sono riuscito a contattare il ministero e a prendere un appuntamento a Roma. In un deposito, custoditi in un grande cassetto verticale, c’erano i due pannelli. La sorpresa è stata enorme, soprattutto per la luce e per i colori incredibili dei due specchi. Le foto non riescono a rendere minimamente la bellezza dei due dipinti. Del terzo pannello, di cui nella galleria fotografica è possibile vedere una foto in bianco e nero, non c’era traccia. Chiunque abbia notizie su questo terzo pannello, contattandoci potrebbe dare un grosso contributo alle nostre ricerche.

domenica 10 gennaio 2010

Transatlantici (2/5): Conte Biancamano

Il viaggio inaugurale del Conte Biancamano, dopo il restauro postbellico, risale al novembre del 1949. Anche per questo transatlantico, Gio Ponti coinvolse tanti artisti e artigiani italiani. Nel suo volume sugli interni navali progettati da Gio Ponti, pubblicato nel 2007, l'architetto Paolo Piccione riporta una parte del relazione di Gio Ponti a corredo del suo progetto per il Conte Biancamano: "Si è voluto caratterizzare ogni ambiente con una particolare invenzione. Si è voluto che in qualche ambiente la nave si ornasse di una vera, piccola sceltissima collezione di opere d'arte italiane degli artisti più valorosi, e in particolare di un nostro eccezionale artigianato (ceramiche, vetri, piccoli mosaici, smalti) perché si vuole che la nave stessa diventi un'ambasciatrice delle nostre arti, che oggi possono e devono affermarsi prime nel mondo".
Edina Altara per il Conte Biancamano fu incaricata di realizzare sedici specchi dipinti. Come per le nature morte realizzate per il Conte Grande, all'artista non fu lasciata piena libertà creativa, ma le fu commissionato un lavoro specifico. Tra queste opere e quelle realizzate poi per l'Andrea Doria e le motonavi Africa e Oceania c'è una differenza stilistica notevole. La "vera" Edina si mostra solo quando non viene "ingabbiata" in un lavoro su commissione. Nel caso del Conte Biancamano, Ponti chiese a Edina di realizzare la Galleria dei Costumi, sul tema dei costumi regionali italiani ripreso dall'opera di Emma Calderini. Nell'archivio Altara è conservato il volume della Calderini (che riporta una dedica e la firma di Gio Ponti), le pagine con i costumi scelti per la Galleria sono state segnate a matita con una serie di numeri e lettere e sono state staccate.


Dove sono le opere di Edina Altara realizzate per il Conte Biancamano?

Le navi gemelle Conte Grande e Conte Biancamano ebbero un destino simile. La seconda nave fu posta in disarmo i 21 aprile 1960 a Napoli e poi, il 2 agosto, fu venduta per la demolizione a Terrestre Marittima di La Spezia. Le opere d'arte della nave furono salvate e vendute all'asta a Genova. Fino all’8 febbraio 2010 non avevamo idea di dove fossero finiti i pannelli dipinti da Edina Altara. Proprio l’8 febbraio sono stato contattato da un dirigente di una importante compagnia di navigazione tedesca. Nella loro sede di Genova hanno tredici dei sedici specchi dipinti da Edina. I pannelli non si sono mai mossi da Genova. Le immagini di undici di questi tredici pannelli possono essere viste nella galleria fotografica (il link è indicato più in alto).
Per quanto riguarda i tre mancanti all’appello, una gallerista del Nord Italia ricorda di averne venduto un paio negli Anni 80, e un collezionista sostiene di averne visto almeno uno in vendita a Milano.
Chiunque abbia notizie, foto o altre informazioni sui tre pannelli della Galleria dei Costumi mancanti all’appello potrebbe dare un grande contributo alle nostre ricerche.
 

Ecco due video sul Conte Biancamano

venerdì 8 gennaio 2010

Transatlantici (1/5): Conte Grande



Uno dei periodi più importanti della carriera artistica di Edina Altara è quello della collaborazione con l'architetto milanese Gio Ponti. Tra la fine degli Anni 40 e la seconda metà degli Anni 50, Edina realizzò numerose opere per appartamenti, negozi e transatlantici i cui arredi furono progettati da Ponti. Quello dedicato al "Conte Grande" è il primo di cinque "post" in cui si parlerà dell'attività di Edina per i transatlantici. Gli altri titoli saranno: "Conte Biancamano", "Andrea Doria", "Motonave Oceania" e "Motonave Africa". Alla fine del 2007, l'architetto genovese Paolo Piccione ha scritto il volume "Gio Ponti Le Navi - Il progetto degli interni navali 1948-1953", sull'attività di Gio Ponti in ambito navale. Gran parte delle immagini che pubblicherò a corredo dei post, oltre al testo in corsivo, sono tratti da questo volume. Ringrazio l'autore per la sua disponibilità e per avermi autorizzato a pubblicare le immagini del suo archivio.


I lavori di Edina Altara per il Conte Grande sono stati realizzati nel 1949. Nel luglio di questo anno, infatti, il Conte Grande fece il suo viaggio inaugurale dopo il restauro durato sedici mesi. Edina Altara per il Conte Grande realizzò dodici nature morte per la sala da pranzo (cm 80 x 115 con cornici in ottone), il grande pannello sullo scalone centrale, su bozzetto di Gio Ponti (è largo 4 metri), e le decorazioni di alcuni tavolini. Nel 1948 Edina realizzò le decorazioni sotto vetro per un tavolo simile, sempre disegnato da Ponti, che fu esposto alla mostra "Lo stile nell'arredamento moderno", organizzata da Fede Cheti a Milano. Una curiosità è che Edina Altara nel 1929 viaggiò sul Conte Grande, assieme al marito Vittorio Accornero, alla volta di New York, dove la coppia visse per alcuni mesi. Nella galleria fotografica è presente anche la lista dei passeggeri di quel viaggio. Altra curiosità riguarda l'articolo pubblicato su Domus, nel numero 233 del marzo 1950, intitolato "Alcune opere del Conte Grande". Oltre al bozzetto di Gio Ponti, sono state pubblicate le foto di "due cristalli dipinti da Edina Altara", come dice la didascalia. In realtà, nella rivista sono stati pubblicati i bozzetti delle nature morte "Bilance" e "Ventagli", che fanno parte dell'Archivio Altara. Probabilmente, nel momento in cui fu realizzato l'articolo, non erano disponibili le foto dei pannelli (e la nave era già in viaggio dall'anno precedente), così Gio Ponti potrebbe avere chiesto a Edina di ridisegnare i pannelli. Nell'Archivio Altara esiste un terzo bozzetto, quello della natura morta "Candele".


Le sale del Conte Grande presentano l'antologia del gusto eclettico di Ponti con pezzi unici di arte decorativa scelti tra gli artisti ospiti delle pagine di Domus. Al vertice della scala della sala da pranzo, sulla parete di fondo, è collocato un grande pannello composto da lastra di cristallo retrodipinto da Edina Altara su bozzetto di Gio Ponti. La composizione rappresenta una epica allegoria del viaggio per mare: "Al centro di questa figurazione è il sogno del viaggiare, nel lato sinistro è simboleggiato - nell'addio - il partire, e nel destro - evocando il figliol prodigo - il ritornare nella patria mediterranea (la colonna) e nella casa (il pavimento e il cane): in basso le genti e i frutti e le cose del mondo, e gli scritti di viaggio". Edina Altara realizza anche i pannelli di cristallo dipinto per la sala da pranzo con nature morte di frutta, pollami, vetri e bottiglie, spade, orologi, ventagli, candele, bilance, pesci, bottiglie, dolci. Sono della Altara anche le composizioni collocate sotto i cristalli dei tavolini delle sale da tè e da gioco.
L'arredo del transatlantico Conte Grande, prima opera navale completa realizzata da Gio Ponti, diviene un paradigma per la realizzazione delle successive unità della flotta italiana, nel frattempo ordinate nei cantieri italiani. Il Conte Grande segnando l'inizio di una nuova stagione nell'arte dell'allestimento e dell'arredamento navale presenta sulla ribalta internazionale i risultati della ricerca italiana.


Questo il testo della brochure "Le Arti sul Conte Grande" pubblicata in occasione del viaggio inaugurale della nave.


Riprendendo il mare, completamente rinnovati, il Conte Grande e il Conte Biancamano si riallacciano, dopo le vicissitudini degli anni di guerra, alle tradizioni di splendore dei transatlantici italiani per i quali sono ricordati il Rex e il Conte di Savoia, famose e grandissime navi, ed assieme ad esse la Victoria, di mole minore ma bellissima.
In una nave italiana della mole e dell'importanza del «Conte Grande» non potevano mancare alcuni accenti che per i passeggeri più colti testimoniassero dell' arte, che è la vocazione della civiltà italiana.
Così gli architetti Gio Ponti e Nino Zoncada assieme collaborando a rinnovare nella prima classe, sulle preesistenti strutture, gli ambienti più rappresentativi della nave, hanno voluto che questi spazi, tenuti in una lineare semplicità di disegno, ricevessero un accento dalla presenza di alcune fra le opere e le produzioni d' arte delle quali l'Italia è straordinariamente ricca.
Il passeggero colto, curioso ed amante di queste cose troverà raccolte nelle vetrine della hall, saggi della più bella editoria d'arte italiana (che i cultori potranno poi ricercare nelle librerie italiane) con litografie di bellissimi nomi dell'arte moderna italiana, da Carrà a Campigli, da Manzù a Martini, a Marini, a Sassu, infine le raffinate riproduzioni (nella stupenda raccolta "Silvana" di Amilcare Pizzi) di capolavori di Giotto, di Masaccio, dell' Angelico ecc.
Accanto a queste espressioni d'arte si potranno osservare alcuni pezzi unici di grandi maestri ceramisti italiani: Pietro Melandri di Faenza con i suoi smalti riflessati, Guido Gambone di Vietri sul mare con le sue superfici cristallizzate, Luigi Zortea delizioso artigiano veneto, Leoncillo Leonardi operante in Roma, artista tormentato e grandissimo, e Fausto Melotti maestro raffinatissimo in quest'arte, che lavora a Milano: a lui sono dovute anche le due cariatidi che fiancheggiano lo scalone che dalla hall scende alla sala da pranzo.
Nelle vetrine sono anche dei pezzi unici in smalto su rame di Paolo De Poli, di Padova, il più famoso fra gli italiani in quest' arte, e stoffe di pregio eccezionale di Vittorio Ferrari tessitore in Milano, e sete stampate di Piero Fornasetti, vetri muranesi di Paolo Venini. Nelle nicchie dei tavolini sono gustose composizioni di Edina Altara.
Le dorate pareti in alluminio anodizzato delle sale da pranzo, che inaugurano un raffinato impiego di questo materiale neir arredamento navale, sono ornate da cristalli leggiadramente dipinti, riprendendo una antica tradizione italiana, da Edina Altara, valorosa pittrice in Milano, che ha parimenti collaborato con Gio Ponti, pittore oltre che architetto, alla grande "allegoria del viaggiare", dipinto dietro cristallo che è al sommo dello scalone. Al centro di questa figurazione è il sogno del viaggiare, nel lato sinistro è simboleggiato — nell' addio — il partire e nel destro — evocando il Figliol Prodigo — il ritornare nella Patria (la colonna) e nella casa (il pavimento e il cane): in basso le genti e le razze e i frutti e le cose del mondo, e gli scritti di viaggio.
Le due salette da pranzo sono ornate dei divertenti pannelli di Luigi Crippa di Milano.
I pannelli ceramici luminosi nelle gallerie che riprendano il nuovo motivo delle lampade delle hall sono di Pietro Melandri di Faenza, e di Lucio Fontana scultore italo-argentino di grande rinomanza in Italia. I pannelli di Melandri figurano i poteri: il religioso (il campanile) il civile (lo scettro), il militare (la spada), il popolano (l'obelisco), il dinastico (la torre). I pannelli di Lucio Fontana, cotti nelle fornaci di Tullio Mazzotti ceramista ligure in Àlbisola presso Savona, simboleggiano poeticamente, nella plastica allusiva moderna e nei colori degli smalti stupendi, la "linea del sole e del mare", mediterranea ed atlantica, che il Conte Grande percorre.
Una particolarità voluta da Ponti e da Zoncada nell' architettare queste sale è stata quella di dare attraverso il gioco di ampi cristalli la simultanea veduta di tutti questi ambienti più vasta ed estesa possibile, così dalle due gallerie si vedono la sala di scrittura e il bar, le cui pareti gli architetti hanno voluto fossero interamente figurate da Piero Fornasetti, milanese, con le inesauribili risorse della sua fantasia e della sua tecnica incomparabile.
Nel salone gli architetti hanno voluto additare alla colta attenzione del passeggero le deliziose ceramiche popolane di Luigi Zortea, miracoloso artigiano di Bassano del Grappa, le lampade a parete di vetro veneziano di Paolo Venini in Murano, ed il grande pannello nel quale si son volute liricamente simboleggiare le stagioni in quattro vascelli ammirevolmente eseguiti con smalti magistrali da Paolo De Poli di Padova. In questa sala due belle pitture di Bernardo Pasotti di Milano evocano la nobile venustà di architetture italiane.
Se le opere d' arte delle quali particolarmente si occupa questa rassegna, sono state accolte in questa nave negli ambienti più rappresentativi della prima classe,- accanto a questi ambienti va messo in rilievo il carattere - distintamente personale - col quale un altro architetto, Matteo Longoni, ha inteso arredare le sale della seconda classe a lui affidate, e anche l'opera degli architetti Camillo Marchi e Aldo Giurgola cui si deve la Cappella dedicata alla Madonna del Mare.
Infine è ancora da segnalare l'elevato clima di civiltà col quale s' è voluto, affidandole al gusto dell' architetto Zoncada, fossero curate non solo le cabine di lusso, ma con leggiadria, proprietà, e "civiltà" - ci si consenta di appoggiare ancora una volta l'accento su questa parola - ogni altra cabina di ogni classe, nonché la fisionomia generale della nave nei suoi uffici nei suoi passaggi, nei suoi negozi, e nelle nitide sale e nei servizi della terza classe, ed infine nelle sue tre belle piscine, una per ogni classe.


"Gio Ponti Le Navi - Il progetto degli interni navali 1948-1953"
Paolo Piccione

Gio Ponti, figura centrale nella storia del design e dell'architettura italiana del XX secolo, progetta - associandosi all'arredatore Nino Zoncada gli interni di alcune navi che sono il vanto della Marina Mercantile italiana, sostenendo la ricostruzione dell'immagine del nostro paese dopo il conflitto mondiale. Queste navi, con i loro interni moderni ed eleganti, contribuiscono all'affermazione del mito della linea italiana nel mondo. I transatlantici "Conte Grande", "Conte Biancamano", "Giulio Cesare", "Andrea Doria" collegano l'Italia con l'America del Nord e del Sud; le motonavi "Oceania" e "Africa", con gli omonimi continenti, rappresentano la creatività italiana all'estero, presentando artisti di fama come Massimo Campigli, Fausto Melotti, Salvatore Fiume e artigiani di elevato mestiere come Paolo De Poli, Piero Fornasetti, Paolo Venini ed Edina Altara. La caducità dei progetti navali di Ponti - le navi navigano solo per due decenni presto soppiantate dall'avvento dell'aereo a reazione - ne ha sottratto l'attenzione alla critica; il volume vuole restituire al pubblico una pagina poco conosciuta della storia dell'arredamento, della creatività italiana e dell'opera di Gio Ponti. Con oltre 200 immagini, per la più parte inedite, sono illustrati gli interni delle navi e ricostruite le vicende progettuali in un affascinante revival di una pagina dell'Italia degli anni Cinquanta.

Dove sono le opere di Edina Altara realizzate per il Conte Grande?

Il 7 settembre del 1962 il Conte Grande arrivò a La Spezia per essere demolito dal cantiere Terrestre Marittima. Prima della demolizione, gli arredi e le opere d'arte della nave furono salvati. Le opere furono vendute all'asta e, fortunatamente, furono acquistate tutte da collezionisti italiani. Le nature morte della sala da pranzo della prima classe appartengono a collezionisti di Genova (4), Roma (4), Sassari (2) e Nuoro (1). Solo del pannello "Frutti" non abbiamo notizie sull'attuale proprietario. Il grande pannello Allegoria del viaggio, dopo essere stato esposto in una mostra a Milano, negli Anni 80, è stato acquistato da un privato e ora è il pezzo forte della villa di un grande collezionista del Nord Italia.