Lo studioso Matteo Tuveri ha appena pubblicato sul sito della rivista Mediterraneaonline, un bell'articolo sulla vita e la carriera artistica di Edina Altara. Lo riportiamo, ringraziando sia l'autore sia la rivista.
Edina Altara per la Rivista Sarda (1919) |
di Matteo Tuveri
Tre volte primitiva, perché sarda, perché donna e perché giovane, Edina Altara entra in punta di piedi nella schiera degli artisti del primo Novecento e si attesta con raffinata pacatezza nell’esercito di coloro che in Italia hanno contribuito ad affermare una visione diversa dell’arte. Convinta di non poter mai raggiungere la “vera” arte, Altara forgia con spontaneità non solo un’arte sarda e italiana, in un certo qual modo pienamente europea, ma anche un modo di essere artista che strizza l’occhio a de Beauvoir e a Coco Chanel e rimane un unicum. Un po' Camp per il suo culto del «buon gusto del cattivo gusto», per citare Susan Sontag, e un po’ dannunziana, per l’attenzione al decoro e al design modernamente inteso, di sicuro compiutamente Altara.
Edina Altara nasce a Sassari nel 1898 da Eugenio, medico oculista, e Gavina Campus, matrimonio dal quale nasceranno Aurora, l’unica che mai si dedicherà all’arte, Lavinia e Iride, anch’esse dedite all’arte figurativa. Intorno al 1914 inizia a dedicarsi al collage, aiutata in questo dalla moda del periodo. Il grande pittore Giuseppe Biasi le offre la possibilità di esporre le sue opere alla Mostra della Mobilitazione Civile (Sassari, 1916) e si accorge per primo del talento della ragazza. Stare a cavallo fra due mondi, unire «al femminile all’infantile il popolare» (Altea, G., Edina Altara, Ilisso Edizioni, Nuoro, 2005, p. 19.), il ruolo di “Bella sciocca”, tanto per echeggiare una sua opera, e di sarda ancorata alle forme essenziali in un mondo di decori svolazzanti, è la forza dell’Altara che costantemente si appella a questo clichè forse calcando la mano sull’aspetto della “vergine artista”. Dopo il successo riscosso durante la Mostra Campionaria del Giocattolo di Milano (novembre 1916) viene paragonata alla delicata Lunella dannunziana che «Aveva in mano un foglio di carta bianca, e dentro v'intagliava figure con un par di forbici sottili».
Nel 1918 Eugenio Altara si trasferisce a Casale Monferrato insieme a Edina che decide di dedicarsi al collage e all’illustrazione. Di questo periodo sono le illustrazioni per La donna, per Cuor d’oro e per Il giornalino della domenica di cui si ricordano la levità e le linee essenziali deL’acqua muta di San Giovanni che guarisce tutti i malanni, che mostra uno sfondo arboreo vicino al Klimt della prima mostra secessionista. Nel 1922 sposa il disegnatore e illustratore Vittorio Accornero de Testa, conosciuto come Victor Max Ninon. L’inizio della loro unione, che finirà nel 1935, sancisce anche l’inizio di una collaborazione artistica, la prima opera fu la loro partecipazione di nozze, pubblicata nella rivista Lidel. Edina e Ninon collaborano anche per le illustrazioni di favole e racconti, per alcuni giornali e anche per l’illustrazione del menu del transatlantico Rex (1934). La fantasia di Edina, un po' limitata da questa collaborazione, riprende respiro nei lavori per Viset e per Giviemme, che prendono la forma dei piccoli calendarietti da barbiere e parrucchiere recanti immagini muliebri al limite fra il figurino di moda e l’illustrazione. Separatasi dal marito, apre nella casa di Milano un atelier e si dedica anche alla moda e alla decorazione della ceramica. L’emarginazione da parte dei critici valgono alle sue opere le definizioni-diminutivi di «piacevoli, ingegnosi, e pazienti» (A. Francini, “Arte sarda alla Seconda Sindacale”, in Rassegna della Istruzione artistica, Roma, a. II, n. V-VI, settembre-ottobre 1931, p. 273.). Le sue opere, davanti alle esigenze dell’Italia degli Anni 30, appaiono prive di quel Kitsch mussoliniano definito sano e robusto. Nel bisogno del guadagno inizia il decoro di piccole mattonelle e piatti a tema folkloristico, mentre già dal 1942 inizia a collaborare con la rivista Bellezza.
Nel 1918 Eugenio Altara si trasferisce a Casale Monferrato insieme a Edina che decide di dedicarsi al collage e all’illustrazione. Di questo periodo sono le illustrazioni per La donna, per Cuor d’oro e per Il giornalino della domenica di cui si ricordano la levità e le linee essenziali deL’acqua muta di San Giovanni che guarisce tutti i malanni, che mostra uno sfondo arboreo vicino al Klimt della prima mostra secessionista. Nel 1922 sposa il disegnatore e illustratore Vittorio Accornero de Testa, conosciuto come Victor Max Ninon. L’inizio della loro unione, che finirà nel 1935, sancisce anche l’inizio di una collaborazione artistica, la prima opera fu la loro partecipazione di nozze, pubblicata nella rivista Lidel. Edina e Ninon collaborano anche per le illustrazioni di favole e racconti, per alcuni giornali e anche per l’illustrazione del menu del transatlantico Rex (1934). La fantasia di Edina, un po' limitata da questa collaborazione, riprende respiro nei lavori per Viset e per Giviemme, che prendono la forma dei piccoli calendarietti da barbiere e parrucchiere recanti immagini muliebri al limite fra il figurino di moda e l’illustrazione. Separatasi dal marito, apre nella casa di Milano un atelier e si dedica anche alla moda e alla decorazione della ceramica. L’emarginazione da parte dei critici valgono alle sue opere le definizioni-diminutivi di «piacevoli, ingegnosi, e pazienti» (A. Francini, “Arte sarda alla Seconda Sindacale”, in Rassegna della Istruzione artistica, Roma, a. II, n. V-VI, settembre-ottobre 1931, p. 273.). Le sue opere, davanti alle esigenze dell’Italia degli Anni 30, appaiono prive di quel Kitsch mussoliniano definito sano e robusto. Nel bisogno del guadagno inizia il decoro di piccole mattonelle e piatti a tema folkloristico, mentre già dal 1942 inizia a collaborare con la rivista Bellezza.
Spronata da Ponti recupera il mondo fiabesco, ancorato in qualche modo all’iconografia mediterranea. Partendo dalle decorazioni su specchio del cassettone disegnato da Gio Ponti ed esposto alla Triennale di Milano nel 1951, Edina realizza una porta a specchio con storie di Atena e Bacco e della guerra di Troia, chiosa le decorazioni con alcuni riferimenti alla mitologia. Nel frattempo, l’artista vede alcuni suoi lavori esposti alla mostra itinerante del Brooklyn Museum di New York. Nel 1936 esegue insieme a Giuseppina Buzzoni Giusti alcuni studi per tovaglie [...]. Accosta alla masonite e all’ardesia pezzetti di carta colorata e di stagnole eseguendo una pittura a velatura, distesa e asportata con uno straccio (Il ratto d’Europa, Penelope), mentre negli Anni 60 realizza su specchio alcune Madonne. La vita e la carriera di Edina [...] si trasforma in una sorta di oblio che la porta dapprima a Sassari (1974) dalla sorella Iride e poi a Cagliari e Lanusei. Muore nel 1983 quando il tempo non è ancora pronto per ricevere la sua lezione, una lezione di indipendenza e femminilità che vanno oltre i ruoli sociali e tradizionali di genere e che approdano alla figura di artista-donna che, fra moda e libero arbitrio poetico, può essere definita uno dei simboli dell’arditezza femminile del Novecento.
L'articolo su Mediterraneaonline: www. mediterraneaonline.eu/it/17/ view.asp?id=3725
Il sito web di Matteo Tuveri: www.matteotuveri.it
Non sapevo dell'esistenza di questa artista e non sapevo che Tuveri se ne fosse occupato. Affascinate.
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