Questo è l'articolo di presentazione della mostra pubblicato il 16 maggio 2013 sulla Nuova Sardegna
"Nel nome di Maria, alla Frumentaria l’arte al femminile"
Maria nome proprio di persona. Maria nome comune di donna, madre, sorella o amante. Maria nome simbolo per tutte le donne, dalle sante alle tristi protagoniste dei recenti fatti di cronaca, dalle modelle che hanno posato per i pittori, alle grandi artiste sarde. È la donna il filo conduttore della mostra “Scusate se parlo di Maria”, che si inaugura stasera alle 18,30 alla Frumentaria.
Attraverso le opere delle collezioni civiche di Sassari, esposte in un percorso labirintico, segnato da un orizzonte blu cobalto come i confini della Sardegna, è possibile leggere il ruolo delle donne nell’arte dell’isola. Da icone, come la madonnina salvata e riportata in Sardegna in un dipinto del 1600, a protagoniste di un mondo, quello dell’arte, in cui l’uomo è sempre stato l’unico e inattaccabile padrone. Non è un caso, che nelle opere della prima parte della mostra, che ha un allestimento “low cost” (per i pochissimi soldi spesi per realizzarlo, non certo per la straordinaria qualità dei “pezzi” esposti), sia forte lo «sguardo maschile sulle donne»: gli autori sono esclusivamente uomini. Per vedere lavori realizzati da artiste sarde, bisogna arrivare fino in fondo al “labirinto”: soltanto nel secondo dopoguerra, infatti, in Sardegna vennero alla ribalta figure femminili capaci di mettere in discussione il dominio maschile nel mondo dell’arte, prima fra tutte, forse, proprio Maria Lai. I curatori della mostra, comunque, non hanno dimenticato altre due straordinarie artiste, come Edina Altara e Floria Riccio.
«Le opere presentate in questa mostra sono parte significativa delle raccolte del Comune di Sassari - spiega Antonella Camarda, che insieme a Sonia Borsato e Michela De Giorgio ha scritto i testi -. Una selezione tematica che è anche occasione per riscoprirle, trattandosi di un patrimonio abitualmente ospitato in uffici e corridoi». L’itinerario espositivo, curato da Antonello Cuccu e Marta Meloni, ha inizio dalla Vergine dell'uva, XVI secolo, passa per l'arte devozionale del Seicento (Consegna del Simulacro della Vergine) e il ritratto aristocratico rococò (Anna Manca), tocca l'accademismo tardo ottocentesco con gli studi di Enrico Murtula, per approdare al Novecento delle rivendicazioni identitarie e del primitivismo di Giuseppe Biasi, Cesare Cabras, Giovanni Ciusa Romagna, Stanis Dessy. «Nella Pasife di Mauro Manca, la donna congiunge realtà e mito conclude Antonella Camarda -. Nel permanere dello sguardo maschile sul lavoro, sulla preghiera e sulla socialità femminile (da Libero Meledina a Costantino Spada, da Vittorio Calvi a Marco Moretti), il XX secolo ha visto l'emergere prepotente di nuovi punti di vista e nuove istanze, delle quali le donne-artiste sono portatrici».
La mostra, curata dal Comune di Sassari e dalla Fondazione Meilogu, è arricchita anche dal lavoro degli studenti del corso di Nuove tecnologie dell’arte dell’Accademia «Sironi», che, armati di telecamere, hanno portato per le strade e le scuole di Sassari dieci opere, chiedendo alla gente impressioni e commenti.
Federico Spano
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