Il 20 novembre 2014 è stato pubblicato sul sito web La Donna Sarda un bell'articolo di Federica Ginesu in cui la figura di Edina Altara viene accostata a quella di Coco Chanel. Riportiamo l'articolo integrale, ringraziando la redazione della Donna Sarda che ha dato il consenso alla pubblicazione.
Edina Altara, la Coco Chanel Sarda
di Federica Ginesu
La Storia delle donne di Sardegna è come una cassapanca di legno scuro sapientemente intagliata e decorata, uguale a quella in cui le nostre nonne custodivano gelosamente il corredo: una volta aperta rivela un'anima che racconta vite, mai del tutto dimenticate. Donne che hanno vissuto per passione, libere e incondizionate, donne che tra sorrisi, gioia, lacrime e dolore hanno segnato il loro tempo e il nostro. Donne come Edina Altara, la Coco Chanel sarda, illustratrice, decoratrice, pittrice, creatrice.
Edina Gavina Eugenia Altara nasce il 9 luglio del 1898 a Sassari. Sin da piccola ha il fuoco dentro: quelle scintille di furore creativo che solo l'arte è capace di far brillare. Gioca con la carta, i nastri e la stoffa, si diverte a fare collage. Non vuole che il padre oculista le compri le bambole, ma preferisce fare da sé. È abilissima con le forbici: zac!, con precisione ritaglia, facendo scivolare pazientemente fili di colla e realizza così le sue prime opere d'arte. “Sentivo proprio il bisogno di far nascere qualcosa dalle mie mani”, rivelerà poi in una sua presentazione.
Autodidatta, alla scuola preferisce il silenzio della sua camera, magico laboratorio dove creare. Cresce in una Sassari colta e raffinata che ama l'arte e la promuove, dove incontra il pittore Giuseppe Biasi che la incoraggia e la ispira. Nel 1916 espone per la prima volta i suoi lavori alla mostra della Mobilitazione Civile a Sassari ed è subito un grande successo. Il Re Vittorio Emanuele III compra la sua opera “Nella terra degli intrepidi”, conservata attualmente al Quirinale. Il suo nome valica i confini del mare e le sue opere vengono recensite dai più famosi critici d'arte dell'epoca come Vittorio Pica e Margherita Sarfatti.
La tecnica che usa Edina è quella del collage: è arte innovativa di giovinetta sarda che suscita meraviglia. Per creare i suoi quadri non usa né pennello, né colori, ma dipinge e disegna ritagliando; crea arte come solo una jana sa fare. Alla produzione di collage affianca anche quella dei giocattoli di carta colorata, crea piccoli personaggi tridimensionali vestiti in costume, come la ragazza con la capretta o quella che lava i panni in un catino esposti alla Mostra Campionaria del giocattolo di Milano, nel 1916.
Le sue creazioni non passano inosservate: il critico Raffaello Giolli rimane fulminato dall'arte di Edina, definendola “deliziosa e serena”. In un'epoca in cui l'artista donna veniva considerata primitiva, infantile, priva di raziocinio, l'arte di Edina è ragionata e studiata, prova di creativo ingegno. I piccoli pezzi di carta sono sovrapposti, accostati, per creare le variopinte cromie dei costumi sardi, le pieghe delle gonna, i ricami delle stoffe.
Grazie a Biasi, che la sostiene, Edina Altara viene inclusa, unica donna, nella mostra sarda al Caffè Cova di Milano nel 1917: è la prima uscita nazionale del movimento artistico isolano, l'Isola è terra selvaggia e misteriosa come le donne ritratte dall'Altara simili a dee spose orientaleggianti dall'incarnato olivastro e dai magnetici occhi a mandorla. Il costume sardo, invece, si trasforma in un abito di alta moda, viene rielaborato, ma non snaturato.
Nel 1918 Edina lascia la Sardegna e si trasferisce a Casale Monferrato. Incomincia a lavorare con filati e broccati e si concentra sull'illustrazione che le consente si sostenersi economicamente e le permette di inserirsi nel panorama nazionale. Realizza copertine e disegni per riviste di moda, come
La donna e Grazia, e per giornali per ragazzi (Il Cuore d'oro, Il Balilla, Il Giornalino della Domenica). Collabora con la scrittrice sarda Gemina Fernando creando disegni per le novelle L'acqua muta di San Giovanni e La leggenda di Golfo Aranci.
Nel 1922 sposa Vittorio Accornero de Testa, illustratore, pittore e scenografo, creatore dell'iconico foulard Flora di Gucci, e si trasferisce con lui a Milano. Lavorano in coppia firmandosi Edina e Ninon in una simbiosi stilistica totale. Sono creativi ed eclettici, frequentano i salotti eleganti; Edina, spesso, viene immortalata nelle tavole della cronaca mondana: è bella, ama la moda e si veste e si pettina in maniera ricercata, è un'icona di stile.
Oltre al lavoro col marito continua a produrre autonomamente. Negli anni '20 crea pubblicità per case cosmetiche e per Borsalino, realizza i calendarietti profumati che le profumerie Viset di Parigi e Gi Vi Emme distribuivano alle clienti.
Le donne che disegna Edina sono donne vestite solo per piacere a se stesse, donne garçonne: indipendenti, anticonformiste.
L'abito della sua terra non ha solo un alto valore identitario, ma diventa un patrimonio creativo inestimabile, perenne fonte di ispirazione, quel filo mai spezzato che la legherà per sempre alla sua Sardegna.
Nel 1935 Edina decide di separarsi dal marito. «Accornero era senz'altro un ottimo "manager", mentre Edina era meno brava nel trovare e procurarsi lavori», racconta Federico Spano, giornalista della Nuova Sardegna, pronipote di Edina Altara, che cura l'archivio di famiglia e un blog sulla sua antenata. «Fu proprio una visione differente dell'arte e la volontà di essere riconosciuti in modo autonomo, ciascuno per i propri meriti, che allontanò questi due straordinari artisti». Per Edina furono tempi amari: «Restò sola in un appartamento vuoto di Milano, per dormire aveva un materasso appoggiato per terra. Ma si riprese subito aprendo un atelier di moda. Già nel 1936 partecipò alla Triennale di Milano con le sue tovaglie dipinte». Una donna libera, piena di forza volontà.
Dal 1942 collabora con Bellezza, una rivista simile a Vogue o Harper Bazar. Pubblica copertine, realizza cartamodelli, figurini, dispensa consigli di moda dando indicazioni su come trasformare gli abiti ed essere alla moda anche in periodi di privazione. Conosce Gio Ponti, architetto e designer italiano, e inizia a collaborare con lui diventando la pittrice cantastorie che rielabora la mitologia greca: decora mobili, specchi, realizza alcuni interni navali per i transatlantici Conte Biancamano, Conte Grande e Andrea Doria.
Continua a partecipare alle mostre fino agli anni '30, crea i suoi celebri fiammiferi vestiti, ma, oramai, ha perso il suo fascino da enfant prodige. L'arte relega la decorazione ad espressione minore e per lei lo spazio è sempre meno.
“Non mi illudo, il mio successo è stato determinato dalla curiosità; noi donne siamo così fatte che l'arte vera non la possiamo raggiungere tanto facilmente” afferma in un'intervista all'Unione Sarda.
Pur di non rinunciare a vivere della sua passione, la vera forza che alimenta la sua vita, accetta lavori su commissione per organizzazioni religiose che le imponevano temi a lei non congeniali. «Le nipoti - racconta ancora Federico Spano - narravano che Edina, mentre realizzava quelle opere (cartoline e calendari), piangeva per la rabbia».
Era la fine della vita intensa, vita vera di Bohèmienne, di un'artista “femina” che davanti all'arte sentiva battere il suo cuore. Sarda nell'orgoglio e fiera di mostrarlo al mondo. Le ballerine Gelvis ora la celebrano. I suoi disegni sono moda eterna, arte sempre attuale, battiti di tradizione, identità superba e trasparente espressione.
una bellissima donna, una scoperta meravigliosa, quella stupenda foto che la ritrae qui, mi ha conquistato..ha uno sguardo così contemporaneo al suo tempo... una vera icona
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