sabato 2 maggio 2009

Opere d'arte nella "casa di fantasia" e la pittrice cantastorie

Articolo di Gio Ponti tratto dalla rivista Domus n. 270 del Maggio 1952


Arredare una casa significa, per un architetto, istituire una consuetudine con chi l'abita, una vera collaborazione nel realizzare una espressione di gusto che oltrepassi le necessità d' uso e si estenda ad un fatto di cultura, ad una solidarietà di gusti e di passioni fra cliente ed architetto. È per questo che dopo aver illustrato l'arredamento di casa L. a Milano (pagg. 28 e seguenti), dedichiamo le tre pagine qui successive ad alcune opere d'arte in quella casa raccolte.
Se non li avessimo già tutti pub-blicati, dovremmo qui riprodurre anzitutto i magnifici pezzi ceramici di Guido Gambone di casa L. Crediamo che la più ricca collezione di ceramiche di Gambo-ne sia appunto codesta: è ancora con emozione che ricordiamo lo slancio senza pari della signora L. nell'acquistare, alla sua prima visita alla Mostra di Gambone alla Galleria del Milione almeno la metà dei pezzi esposti, alcuni dei quali monumentali: ricordiamo fra essi quelli che appunto sono stati pubblicati in Domus 255 ed il magnifico pezzo presentato a colori nella copertina stessa di quel fascicolo.
Qui illustriamo anche la deliziosa collezione delle ceramiche di Romano Rui che la signora L. acquistò alla Triennale assieme ai più bei pezzi di Venini, di Orrefors e di Gustavsberg nella bella sezione svedese, di Ruth Bryk e di Tapio Wirkkala nella indimenticabile sezione finlandese, ad alcuni oggetti in metallo di Hagenauer nella sezione austriaca e ad alcune ceramiche di Doccia, del Ferlaro e di Gabbianelli.
Questi pezzi sono l'onore di casa L. e questa passione intelligente e coraggiosa per le nostre arti è davvero esemplare e vorremmo si propagasse, Ma in queste pagine vogliamo dare un rilievo tutto speciale agli specchi dipinti ed all'arte singolare di Edina Altara. In casa L. vi sono di essa gli specchi dipinti dei due comò nella stanza da letto, e quelli delle due bellissime porte qui illustrate.
Il nome e il lavoro di questa pittrice, suffragati da opere particolarmente felici come queste, meritano una estesa segnalazione ed un riconoscimento, in Italia ed all'estero. Questa pittrice, ha una
dote rara di ideazione poetica, che rende affascinanti queste sue composizioni figurative, condotte con una mano ormai sperimentatissima e con colori bellissimi.
Essa appartiene a quegli artisti che sanno disegnare o dipingere soltanto sotto l'impulso propulsore di una narrazione, che determina in loro tutto, forma e colore, assieme alla voglia felice di dipingere: è, la loro, una « ispirazione motivata ». La narrazione di Edina Altara procede con vere invenzioni figurative a volte estremamente singolari: si veda l'ideazione psicanalistica delizio-samente semplice, di Ulisse che « pensa » il cavallo di Troia, cioè nel cavallo è « dentro » lui con questo pensiero, con questa sua immaginazione figurata, ed ancora imprecisa. (Io son morto di gelosia quando ho visto questa «invenzione» bellissima. Essa doveva venire a me! è come mi fosse stata rubata prima che l'avessi. Dovevo pensar io questa cosa! Maledizione!).
Queste ispirazioni della Altara ci incantano per il modo fantastico nel quale l'episodio è trasportato e narrato, anche per come sono chiusamente composte e distribuite in un disegno ed in un colore tutti suoi.
Con una freschezza ed elementarità rare e sorprendenti, Edina Altara ha saputo in queste due porte trasporre in una figurazione nuova perfino quelle leggende mitologiche che tutti conosciamo, e che parrebbero esaurite. (Ma nessun argomento è esauribile dove è poesia ed arte: che è la stessa cosa).
Meravigliosa eternità di tutti i miti, e meraviglioso anche il mito per cui ogni leggenda può rinascere viva e diversa ogni volta che la si riimmagina. Ma questa facoltà di risuscitare le leggende, di ri-fantasticarle, in una loro « evocazione » viva, commossa e composta, fedele e pur sorprendente di novità, è dono raro, è dono di fantasia poetica, è dono interiore. C'è o non c'è. Poeta nascitur.
Vi appassionerà sapere che, a soccorso dei vaghi ricordi di scuola che tutti serbiamo sulla mitologia, Edina Altara s'è riaccesa a queste figurazioni ricorrendo fiduciosa e naturale, direi « artigianescamente» ai testi più semplici e diffusi, ad uno cioè di quei manualetti popolari che del
la mitologia registrano via via con spicce narrazioni, senza retorica alcuna, ma come una cronaca per nulla leggendaria, i fatti meravigliosi. Condotta su questo filo, puro e semplice e non compromesso da « interpretazioni », Edina Altara ha figurato due porte, come certi artigiani han figurato le tavole dei cantastorie. Ma essa è nel medesimo tempo figuratrice e cantastorie.
Riproduciamo, perchè ci piace leggerle, le parole con le quali essa ci informa di cosa si tratta. «La porta della camera rappresenta la storia di Atena, o Minerva. Figlia di Giove è balzata (come vedete) tutta armata dal cervello di lui, dopo che egli ebbe ingoiato (come gli si vede nel petto) la sua prima sposa Metis. (Che bellezza, diciamo noi, quei tipi che facevano come niente cose così!). Atena, deità bellicosa, nacque (e tale la vedete) con l'arme in pugno fra lampi e procelle; oltre alle solite armi (elmo, asta e scudo) essa porta l'egida col Gorgoneo, cioè la pelle della capra Amaltea con in mezzo la testa della Gorgona, la Medusa dalla capigliatura fatta di serpi». «Atena è la dea che dirige gli eserciti agli assalti e ispira i più accorti stratagemmi. Protegge i suoi guerrieri: Ulisse, Achille, Diomede. Ecco in alto Achille combattere e uccidere Pentesilea, la valorosa regina delle Amazzoni, e sotto si vede Ulisse, che alla guerra di Troia si rese famoso per la scaltrezza, mentre va ideando quel cavallo di legno che ebbe per effetto la caduta della città assediata. In basso vedete Diomede, valoroso combattitore di quella guerra, che rapisce il Palladio, statua di legno di Atena, a cui eran legati felicità e benessere di Troia ».
«L'altra porta rappresenta la storia di Bacco o Dionisio, Dio del vino e della viticultura ».
«In occasione d'un viaggio dall'isola di Icaria a quella di Nasso, Dionisio che aveva il mantello di porpora e capelli ricciuti (dopo avere assunto la forma di un bel ragazzo) fu assalito da alcuni pirati tirreni che ideavano di rapirlo e portarlo a vendere in Italia. Ma a un cenno del dio fanciullo cadono i ceppi che l'av-vincono, tralci di vite e rami di edera si avviticchiano intorno all'albero e alle vele della nave e la fermano, ed ecco comparire davanti ai marinai attoniti, leoni e pantere, ond'essi spaventati si buttano in mare e sono trasformati in delfini. Si invaghisce poi, Dionisio, di Arianna e la sposa; ed ecco vedesi il banchetto nuziale fra Ninfe e Fauni. La porta così figurata conduce appunto alla tavola da pranzo».
Molti artisti oggi sembrano aver perso l'udito interiore per ascoltare le voci delle leggende, la possibilità di incantarsene e ricrearle, e la fantasia e la parola per raccontarcele. Sordi ciechi e muti. Sono essi, da uomini, soltanto «dentro» la leggenda del nostro tempo, della nostra cultura, della nostra poesia e ne vengono consumati; non stanno «fuori », da poeti, a raccontarci tutto ancora una volta, tutto di noi di oggi, e come noi oggi siamo d'oggi e nello stesso tempo siamo, nella cultura, antichi ed antichissimi.
Edina Altara, questa donna artista e artigiana, questa donna ingegnosa e immaginosa, questa donna col gusto delle astuzie e malizie intellettuali, e con le virtù elementari, poetiche, bambine e materne ad un tempo, popolari ed auguste, da cantastorie, ora non vorrebbe uscir più — ci dice — dal ritrovato incanto di queste favole, e vorrebbe raccontarcele, dipingendo, tutte, e raccontarci un giorno anche l'antico e il nuovo testamento. Lo aspettiamo; glielo chiediamo. Essa è nata per questo. Essa venne un giorno dalla Sardegna a stupirci con deliziose e maliziose figurazioni fatte di carte colorate ritagliate di getto con le forbici senza disegno e incollate su un cartone: un sistema primitivo, infantile e donnesco, di dipingere. Quella originaria felicità di sintesi le è rimasta quando dipinge i suoi vetri. Ma si lasci fare ad essa, guai a darle noi un tema: si spegne tutto.
Noi attendiamo da essa una esposizione di piccoli specchi dipinti a frammenti di storie; attendiamo una incantevole mostra di questa «cantastorie col pennello», un canzoniere dipinto, e poi torneremo a casa con un nostro episodio, con una sua canzone dipinta, parole e pittura, da riguardare tante volte, come si ascolta tante volte il disco d'una canzone, parole e musica.
Gio Ponti

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